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"Barmu del Diau"
La grotta del diavolo

Al fondo della borgata di Cucchiales Inferiore, parte il sentiero direzione Ciamin-San Martino-Elva, percorsi i primi 100/200 mt del sentiero si incontra, sulla sx, la deviazione per la grotta che possiamo trovare dopo circa 10/15 minuti di cammino.
Occorre disporre di una pila potente e calzare scarponi da montagna per il percorso esterno, ma sopratutto per l'interno, il cui suolo è umido e scivoloso. Non ci sono grosse difficoltà, anche i bambini, purché accompagnati, possono accedervi. Per tutti, ma soprattutto per questi ultimi, la prudenza e le raccomandazioni sono quelle ritenute indispensabili per apprezzare la bellezza, ma volte anche le insidie, della montagna e vivere le emozioni che questa comunica.
All'interno della grotta, dal suolo si innalzano le stalagmiti, formazioni minerali, con forme bizzarre che sembrano sculture. Dalla volta, scendono verso il basso le stalattiti, concrezioni calcaree che a volte si fondono con le stalagmiti realizzando strutture colonnari.
Molti anni fa, è fiorita più di una leggenda per tenere lontani dalla grotta i piccoli montanari, quando gli adulti non potevano controllarli.
Eccone una:
"Una fanciulla innamorata, ma non corrisposta, trascorreva le sue giornate sognando e facendosi bella per piacere al ragazzo che il suo cuore aveva scelto. Rimproverata più volte dai genitori, ella riuscì, di tanto in tanto, a eludere la loro sorveglianza e a rifugiarsi nella grotta. Fuggiva dalla realtà quotidiana per vivere alcuni momenti nel castello dei sogni, dove viveva accanto all'immagine dell'amore che si era costruita. L'ozio, però, inaridisce la volontà e fiacca la forza dello spirito. Così, un giorno, la fanciulla trovò ad attenderla alla grotta il diavolo in persona. Fuggì terrorizzata, ma nell'affanno scivolò e finì in un precipizio".
In un passato remoto, per i bambini il mondo circostante era ristretto a un raggio breve. Oltre al diavolo della grotta, chi si allontanava troppo, poteva imbattersi nelle masche, nei sarvanot, in "dando Rouo" (zia Ruota), che i bambini immaginavano come un donnone con gonna larga, sotto la quale nascondeva i pargoli che riusciva ad acchiappare. Quando sentiva odore o rumore di bimbi, usciva magicamente da minuscole feritoie dei muri, che i bambini guardavamo con sospetto e dai quali si tenevamo a debita distanza.
(cit. di Lucia Abello su “Stroppo raccontata dagli Stroppesi”)

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